Le nuove impostazioni sulla privacy dell’iPhone spiegate dal capo della privacy di Apple

In esclusiva per La Stampa, Erik Neuenschwander, Chief Privacy Engineer di Cupertino, entra nel dettaglio dell’aggiornamento per iOS: “Si può fare pubblicità digitale senza violare la riservatezza dei dati personali”

Dopo una lunga fase di sviluppo, Apple ha pubblicato questa settimana la versione pubblica di iOS 14.5. È un aggiornamento importante e corposo, che implementa varie novità per l’interfaccia, per le app di sistema e per gli sviluppatori. Fra queste ce n’è una che presso il largo pubblico potrebbe passare quasi inosservata, ma che in realtà è la più importante di tutte: l’introduzione della cosiddetta App Tracking Transparency (ATT), ultima di una serie di importanti funzionalità per la privacy annunciate da Apple alla WWDC di giugno 2020.

«Con App Tracking Transparency gli utenti potranno scegliere se dare o meno la possibilità alle applicazioni di raccogliere i dati necessari a tracciare le loro attività su app e siti», ha spiegato Erik Neuenschwander, il Chief Privacy Engineer di Apple, in un’intervista esclusiva con La Stampa. Fin dal 2011, anno di fondazione del “privacy engineering team” di Apple, il ruolo di Neuenschwander è quello di supervisionare l’integrazione delle soluzioni per la privacy nei software di iPhone, iPad, Mac e di tutti gli altri dispositivi Apple.

Le app chiedono il permesso (con un pop-up)


Gli utenti noteranno la novità principalmente per la presenza di un nuovo pop-up, simile a quello per l’attivazione della geolocalizzazione o per l’accesso alla rubrica, con cui le app chiederanno il permesso di registrare i dati personali a fini di profilazione pubblicitaria. Il pop-up comparirà solo se gli utenti, nelle opzioni sulla privacy, non avranno disattivato del tutto la possibilità di mostrarlo, bloccando a priori la richiesta di profilazione. Questa opzione e la finestra di dialogo sono però solo uno degli elementi della ATT, che dal punto di vista degli sviluppatori rappresenta invece un cambiamento infrastrutturale complesso.

Da un punto di vista tecnico, il consenso fornito dall’utente dà la possibilità agli sviluppatori di leggere il cosiddetto “IDFA” (Identifier For Advertising), un codice univoco che identifica il dispositivo — senza collegarlo al proprietario — e permette di tracciarne le attività. A partire da iOS 14.5, se l’utente non ha espressamente consentito la profilazione, le app ricevono un IDFA “nullo”, che a meno di cambiamenti sostanziali alla struttura dell’applicazione potrebbe causare problemi di funzionamento.

«Il motivo per cui ATT è arrivata solo ora dopo l’annuncio di giugno 2020 è che abbiamo ascoltato a lungo le necessità degli sviluppatori e abbiamo dato a tutti il tempo necessario a modificare la struttura delle app», dice Neuenschwander. «Nel frattempo abbiamo continuato ad offrire altre tecnologie, come il Private Click Measurement (PCM — novità già inclusa nel 2019 su Safari, ndr) e lo SKADNetwork, che permettono di misurare l’efficacia delle pubblicità rispettando la privacy degli utenti».

I timori di Facebook


La questione della rilevazione dell’efficacia degli “ads” è di fondamentale importanza, ed è il grande “non detto” che si cela dietro la campagna di marketing con cui Facebook ha provato in tutti i modi a screditare e opporre l’introduzione della ATT su iOS 14.5. Secondo Zuckerberg la App Tracking Transparency metterà in difficoltà le piccole imprese che contano sulla pubblicità mirata per far conoscere i propri prodotti e i propri servizi.

La realtà è come sempre più complessa di quella indicata dalla narrativa di marketing. Ciò che ATT impedisce non è tanto il tracciamento (che è appunto accessibile previa richiesta del permesso), ma la possibilità di assegnare con maggior precisione la vendita di un prodotto alla precedente visualizzazione di una pubblicità su una delle piattaforme social di proprietà di Facebook. SDKANetwork e PCM permettono di fare lo stesso ma in maniera volutamente meno precisa e invasiva, vanificando così il vantaggio competitivo di Facebook nel mercato della vendita di spazi pubblicitari digitali.

Apple: preoccupazioni immotivate


«Gli sviluppatori sono liberi di gestire come vogliono la tempistica con cui mostrano il pop-up per l’accesso al tracciamento», spiega Neuenschwander. «Sono per di più incoraggiati a fornire un contesto nella loro applicazione prima di attivarlo, spiegando con chiarezza agli utenti perché l’app chiederà loro di accedere ai dati di tracciamento. A questo si aggiunge una descrizione personalizzata che l’app può mostrare direttamente nella finestra di dialogo».

Secondo il Chief Privacy Engineer di Apple, inoltre, la preoccupazione con cui il settore dell’advertising digitale ha accolto ATT è largamente immotivata. «Quando nel 2017 abbiamo introdotto la Intelligent Tracking Prevention su Safari (un sistema che impedisce la profilazione incrociata sui siti Web, ndr) alcuni sostenevano che quella novità avrebbe distrutto il mercato della pubblicità online, che gli utenti Apple avrebbero perso qualsiasi valore per gli inserzionisti, e così via. Non è successo nulla di tutto questo: il mercato ha continuato a crescere, mentre gli utenti che usano Safari hanno potuto preservare la propria privacy».

Pubblicità e privacy possono coesistere


Ed è questo, per il dirigente Apple, l’aspetto più importante di tutti: l’advertising digitale e la riservatezza dei dati non sono necessariamente in rotta di collisione. «Noi crediamo, in generale, che si possano fornire funzionalità avanzatissime rispettando la privacy degli utenti. Questo vale anche per l’advertising», conclude Neuenschwander. «Per noi la pubblicità è una parte importante dell’ecosistema mobile, ed è fondamentale che gli sviluppatori abbiano la possibilità di usarla per monetizzare le proprie app. Tuttavia siamo convinti che lo si possa fare con strumenti adeguati, che da una parte rispettano la privacy degli utenti e dall’altra contribuiscono alla crescita dell’ecosistema delle app».

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