La Lega si sfarina ma in Veneto l’indipendentismo si consolida

Un referendum per l'indipendenza nella più ricca e dinamica delle regioni del Nordest. La raccolta delle firme è sostenuta. Dietro l'operazione, su cui è saltato Grillo, il disegno del «venetista» Alessio Morosin.

Colto e raffinato, gentile e dialogante, Alessio Morosin è l’antitesi del leghista bru bru di certi stereotipi ancora correnti. Peraltro, l’avvocato veneziano non è della Lega. È il fondatore e il leader di Indipendenza veneta. Si pone dunque – da tempo ormai – un obiettivo che va oltre quello dell’autonomia. O della secessione solo minacciata. È un “venetista” convinto ed è provvisto anche di argomenti convincenti. Basti leggere quello che è ormai il testo “ideologico” del Veneto indipendente, un libro serio e documentato che egli ha intitolato semplicemente “ Autodeterminazione”, una parola che associa immediatamente il caso veneto a quello scozzese e a quello catalano. La sua idea di staccare dallo stivale la principale delle regioni del Nordest, la più ricca, la più dinamica delle tre, non avrà successo, chi lo sa?, ma intanto è diventato un tema all’ordine del giorno, del quale farebbero bene ad accorgersi a Roma.

Beppe Grillo se ne è accorto. «E se domani – ha scritto il comico – i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del consiglio?». D’altra parte non ci vuole chissà quale fiuto politico per cogliere il fermento separatista che cresce, specie nelle aree più forti della penisola. In Veneto, di sicuro, il movimento per l’indipendenza ha ripreso slancio e fa proseliti. Come dimostra anche il diluvio di firme raccolte in due giorni, all’inizio di marzo, in 549 gazebo allestiti dalla Lega nella regione. Oltre centomila firme dicono gli organizzatori. In poco più di dieci mesi 168 comuni di ogni colore politico (in rappresentanza di oltre un milione e 670 mila cittadini) e quattro province (in rappresentanza di oltre 3,5 milioni di veneti) hanno discusso e votato un ordine del giorno, predisposto da morosin, volto a sostenere il progetto di legge 342/2013 di indipendenza veneta invitando e sollecitando il consiglio regionale veneto a procedere alla approvazione della legge per dare ai veneti la possibilità di essere consultati sul seguente quesito: «Vuoi che il Veneto diventi una repubblica indipendente e sovrana ? Si – no».

Dietro l’attivismo leghista c’è dunque la tenacia intransigente e di lunga data di Alessio Morosin, che adesso gongola sentendo quel che dice il leader di Cinque stelle. L’avvocato teme però che si alimenti una grande confusione intorno al tema. «Grillo ci copia», ha detto a Daniele Ferrazza del Mattino di Padova, e ha spiegato: «Noi diciamo che la strada maestra deve essere quella del referendum popolare. Le molte iniziative che si stanno producendo non sono dannose, aiutano a parlare del tema ma forse creano un po’ di confusione mediatica. I passaggi da fare sono tre: una legge da parte dell’assemblea regionale, l’indizione del referendum, la proclamazione di indipendenza da parte dell’assemblea legislativa veneta».

Il movimento degli indipendentisti è «un arcipelago abbastanza variegato», scrive Ferrazza: «da una parte il movimento Plebiscito 2013 che ha lanciato dal 16 al 21 marzo un sondaggio on line dal valore puramente politico; dall’altro la Lega Nord che, riscoprendo il tema, ha mobilitato la sua rete territoriale per fare pressione sul consiglio regionale; sul piano istituzionale, un cartello di sigle sta cercando di costituire un polo veneto in vista delle prossime elezioni regionali del 2015».

In vista c’è l’approvazione del progetto di legge presso il Consiglio regionale Veneto, che proclamerà il referendum a doppio quesito: il primo sulla possibilità che il Veneto diventi regione a statuto speciale, il secondo sull’indipendenza vera e propria. La legge sarà certamente impugnata dal governo davanti alla Corte costituzionale. Ma, dice ancora Morosin al cronista del Mattino, «la Regione non dovrebbe nemmeno opporsi all’impugnazione del governo. La questione dell’autodeterminazione è internazionale, non legata allo stato nazionale. Noi crediamo che ormai la questione dell’indipendenza sia ormai su un piano inclinato: arriverà da sola».

Nei giorni scorsi l’europarlamentare Mara Bizzotto, vice segretaria veneta della Lega Nord, ha formalizzato alla Commissione Ue un’interrogazione, stilata in collaborazione con Alessio Morosin, nella quale chiede all’esecutivo comunitario un pronunciamento ufficiale sull’indizione del referendum per l’indipendenza in attuazione del diritto di autodeterminazione del Popolo Veneto.
«L’autodeterminazione è un diritto naturale che niente e nessuno può negare al popolo veneto – commenta Alessio Morosin – un diritto naturale che va oltre le costituzioni nazionali e che è espressamente tutelato dall’ordinamento giuridico internazionale che, dal 1945 a oggi, ha permesso la nascita di 120 nuovi stati in ogni parte del mondo, Europa compresa. Non esiste quindi nessun impedimento giuridico all’esercizio di questo diritto da parte dei veneti».

A maggio si svolgeranno le elezioni europee e “Il Veneto Decida” – il comitato composto da diverse associazioni e organizzazioni a favore dello svolgimento del referendum – non sarà in lista. Il suo atto costitutivo prevede infatti il divieto assoluto di partecipare a competizioni elettorali. Unico scopo del Comitato è quello di sostenere l’approvazione della legge che indice allo scopo la consultazione sull’autodeterminazione. Infatti, spiega Morosin, questo cartello trasversale «vede al suo interno anche degli scettici sull’indipendenza, ma tutti vogliono che sia data la voce al popolo veneto» e. tanto per dare un esempio, «il Comitato ha l’appoggio, tra i molti soggetti associati, anche del gruppo politico Federazione della Sinistra», cioè Rifondazione comunista, rappresentata nel consiglio regionale da Pietrangelo Pettenò.

Il Pd del Veneto non è interessato all’iniziativa, a parte casi personali. Ma, pur avversando l’idea dell’indipendenza, non potrebbe almeno sostenere il principio della consultazione popolare su un voto, come dice Morosin, «relativo a un diritto di rilevanza pre-costituzionale? Sarebbe in realtà un’opportunità, per il Pd, per spiegare e rilanciare le ragioni e le convenienze dello stare insieme, tutte le diverse parti dell’Italia, e di rafforzare, anzi i vincoli – opponendosi all’illusione della secessione come via d’uscita dalla crisi – in un mondo nel quale la tendenza “vincente” è piuttosto quella delle alleanze, della costruzione di masse critiche coese e solide, in grado di competere nel mondo globale.

Immaginare una regione italiana, sia pure ricca e solida, interagire da sola con le complesse dinamiche odierne è velleitario e pericoloso. Puro autolesionismo. Al tempo stesso, però, opporre alle crescenti spinte indipendentiste un generico e sia pur nobile richiamo all’unità e alla solidarietà nazionale suona moralistico e inefficace. Peggio ancora far finta o pensare che il problema non esista più, solo perché la Lega si è sbriciolata e si è frazionata in tribù tra loro ostili. Le idee di Morosin e di chi la pensa come lui meritano di essere contestate e contrastate con argomenti forti e persuasivi.

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