Amsterdam 1928, IX Olimpiade: Angelo Schiavio è medaglia di bronzo

Nel 1928, la Nazionale italiana di calcio, in quel preciso momento storico protagonista emergente in campo europeo, stava disputando la Coppa Internazionale, competizione ideata da Hugo Meisl, leggendaria figura del calcio mondiale e allenatore del mitico «Wunderteam» austriaco. La coppa, che veniva messa in palio tra le più forti nazionali danubiane e a cui in seguito si aggiunse la Svizzera, aveva dunque nell'Italia una grande e degna protagonista. La Coppa Internazionale, torneo che si svolgeva nell'arco di un triennio, venne sospesa per fare spazio alla IX Olimpiade, in programma nella capitale dei Paesi Bassi, Amsterdam. Per l'Italia, e indirettamente anche per i colori rossoblù del Bologna, quella fu un'avventura straordinaria. In Nazionale vennero infatti convocati ben 4 giocatori del Bologna (la squadra italiana più rappresentata assieme all'Inter): Felice"Gisto"Gasperi, Pietro Genovesi, Alfredo Pitto e l'idolo delle folle, Angelo Schiavio, protagonista di un grande torneo olimpico. Le Olimpiadi calcistiche, organizzate dalla FIFA — come quelle di Parigi nel 1924 — furono veramente i primi reali confronti mondiali tra la scuola sudamericana, rappresentata delle due squadre all'epoca più forti e più in auge, Argentina e Uruguay, e quella europea, forte dell'Italia, in prepotente ascesa internazionale, della Spagna di Quincoces e Yermo, del Belgio del nuovo astro Raymond Braine, e dalla Svizzera di Max «Xam» Abegglen, grande bomber elvetico.

Purtroppo al Comitato Olimpico Internazionale avevano la sensazione, se non la certezza, che molti calciatori fossero dei finti dilettanti, nascosti sotto impieghi di comodo che sfruttavano l'escamotage del «mancato guadagno» per giustificare lauti rimborsi spese. Temendo l'accusa di professionismo, molte squadre rinunciarono a partecipare: fu il caso di Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e Gran Bretagna, altre formazioni, invece, «svecchiarono» i ranghi escludendo i campioni più affermati — il caso della Spagna fu emblematico. Anche l'Italia dovette adeguarsi e rinunciò allo squalificato Allemandi, oltre che a Cevenini, Conti e Libonatti, arrivato dall'Argentina non certo per la gloria. Questo, putroppo, privò l'Olimpiade di grandissimi campioni come Sindelar, Sesta, Zischek e Smistik del «Wunderteam» austriaco; di Kada, Puc e Silny della Cecoslovacchia e della grande «gazzella» ungherese, ex Juventus, Hirzer Ferenc «Hires», imprendibile fuoriclasse magiaro. Hirzer che i giocatori del Bologna conoscevano fin troppo bene: era infatti stato determinante nella finale scudetto disputata contro la Juventus, nel 1926. Sotto, i resoconti delle partite di quell'Olmpiade, che vide ben 4 giocatori del Bologna portare a casa un prezioso bronzo olimpico. I rossoblù in azzurro si confermarono calciatori di valore mondiale, giocando alla pari con i grandi campioni sudamericani di Uruguay e Argentina. Su tutti splendette, ovviamente, la stella di Angiolino Schiavio, tra i grandi protagonisti della semifinale con i campioni uruguagi, partita giudicata dallo stesso Schiavio come una delle sue più grandi prestazioni disputate in ambito internazionale.

[~ AMSTERDAM (Olimpisch Stadion) ~ Martedì 29 maggio 1928, ore 14 ]

~ ITALIA — FRANCIA 4-3 (3-2)

~ITALIA: De Prà (Genoa), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pietroboni (Inter), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Banchero (Alessandria), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa)

— Commissario unico: A. Rangone.


~ FRANCIA: Thepot, Wallet, Domergue, Chantrel, Dauphin, Villaplane, Dewaquez, Brouzes, Nicolas P. (cap.), Pavillard, Langiller

— Commissione tecnica federale


~ Arbitro: Cristophe (Belgio).
[~ Reti: 14' e 18' Brouzes, 19' Rossetti, 39' Levratto, 43' Banchero, 60' Baloncieri, 61' Dauphin.]

Spettatori: 8.000 circa.


Nella gara di apertura contro la Francia si riesce ugualmente a trovare la vittoria dopo un'avvio disastroso. Non passano neanche 20 minuti e l'Italia, che gioca con la maglia bianca scudo crociata, si trova sotto di due gol per una doppietta di Brouzes. Prima dell'intervallo Rossetti, Levratto e l'esordiente Banchero capovolgono il risultato. Lo scampato pericolo consiglia un attggiamento più prudente, premiato al quarto d'ora della ripresa da un centro di Baloncieri che di testa trasforma un'azione di rimessa. La terza rete francese di Dauphin regala qualche brivido, ma non cambia l'esito dell'incontro

[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Venerdì 1 giugno 1928, ore 19 ]


~ ITALIA-SPAGNA 1-1 d.t.s. ~ (0-1, 1-0; 0-0, 0-0)

~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pietroboni (Inter), Pitto (Bologna), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa)

— Commissario unico: A. Rangone.


~ SPAGNA: Jauregui, Quincoces, Zaldua, Amadeo, Antero, Legarreta, Mariscal, Regueiro L., Yermo (cap.), Marculeta, Kiriki

— Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.

~ Arbitro: Lombardi (Uruguay).

[~ Reti: 11' Zaldua, 63' Baloncieri.]

Nei quarti di finale ci aspetta una Spagna totalmente rivoluzionata rispetto a quella affrontata un mese prima nell'amichevole di Gijon. Mancano alcuni «professionisti» e soprattutto Zamora, ma i sostituti si dimostrano all'altezza. La rete iniziale di Zaldua costringe l'Italia a un'affannosa rincorsa, coronata dopo poco meno di un'ora da un colpo di testa di capitan Baloncieri su traversone di Levratto. Chiusi i tempi regolamentari sull' 1-1, i supplementari giocati nella penombra sotto la fioca illuminazione dei riflettori dello stadio Olimpico di Amsterdam non cambiano il risultato e obbligano le squadre alla ripetizione.

[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Lunedì 4 giugno 1928, ore 14 ]

~ ITALIA-SPAGNA 7-1 (4-0)

~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pitto (Bologna), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa)

— Commissario unico: A. Rangone.


~ SPAGNA: Jauregui, Quincoces, Zaldua, Amadeo, Gamborena (cap.), Trino, Mariscal, Cholin, Yermo, Marculeta, Robus

— Commissario tecnico: D. J. Berraondo Insausti.


~ Arbitro: Boekman (Olanda).

[~ Reti: 14' Magnozzi, 15' Schiavio, 18' Baloncieri, 40' Bernardini, 47' Yermo, 72' Rivolta, 76' e 77' Levratto.]

Nel replay non c'è storia. L'Italia cambia due elementi (Bernardini per Pietroboni e Magnozzi per Rossetti) e domina dal primo all'ultimo minuto. La goleada è firmata da tutti i componenti del quintetto offensivo azzurro (con Levratto autore di una doppietta) ai quali si aggiunge il mediano Bernardini per il 7-1 finale. Ininfluente la rete spagnola di Yermo ad inizio ripresa. La notizia dell'impresa fa il giro del mondo, tanto da giungere perfino sul pack del polo Nord dove sono ancora dispersi i naufraghi del dirigibile Italia, aggrappati alla vita tramite un apparato radio in attesa di essere rintracciati e portati in salvo.

[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion) ~ Giovedì 7 giugno 1928, ore 19 ]

~ URUGUAY-ITALIA 3-2 (3-1)

~ URUGUAY: Mazzali, Canavesi, Arispe (cap.), Andrade, Fernandez, Gestido, Urdinaran, Scarone, Petrone, Cea, Campolo

— Direttore tecnico: P. Giannotti.


~ ITALIA: Combi (Juventus), Rosetta V. (Juventus), Caligaris (Casale), Pitto (Bologna), Bernardini (Inter), Janni (Torino), Rivolta (Inter), Baloncieri (Torino) (cap.), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa)

— Commmissario unico: A. Rangone.


Arbitro: Eymers (Olanda).

[Reti: 9' Baloncieri, 17' Cea, 28' Campolo, 31' Scarone, 60' Levratto.]


L'avventura continua e la semifinale ci vede opposti all'Uruguay, campione olimpico in carica. Azzurri contro celesti in una comunanza di colori quasi indecifrabile per spettatori, giornalisti e terna arbitrale, in un'epoca in cui la numerazione sulle maglie non è ancora stata adottata. Rangone conferma in blocco l'undici che ha sgretolato gli spagnoli mentre il suo collega Giannotti deve rinunciare al proprio condottiero Nasazzi. Sull'onda dell'entusiamo l'Italia parte di slancio e al 9' una veloce trama d'attacco viene mirabilmente trasformata dal capitano Baloncieri. Passano pochi minuti e Magnozzi fallisce clamorosamente il 2-0, sventato dal mediano celeste Andrade che, impunito, si sostituisce al portiere Mazzali senza che l'arbitro Eymers batta ciglio. Il brillante avvio rilassa e deconcentra gli azzurri, mentre lo scampato pericolo risveglia gli uruguagi che in meno di un quarto d'ora piazzano tre stoccate vincenti. Cea (17'), Campolo (28'), e Scarone (31 '), sorprendono un Combi non in giornata grazia e il primo tempo si chiude sul 3-1 per i sudamericani. Al quarto d'ora della ripresa Levratto prova a riaprire la contesa ma l'Italia cala alla distanza, anche per le fatiche accumulate nell'imprevisto spareggio contro la Spagna. La semifinale termina col punteggio di 3-2 per gli uruguagi che bisseranno l'oro di 4 anni prima, sconfiggendo in finale l'Argentina in due infuocate partite e autonominandosi — a mio avviso giustamente — campioni del mondo (da allora, oltre ai due titoli mondiali ufficiali conquistati nel 1930 e nel 1950, l'Uruguay porta sul proprio stemma le 4 stelle di campione mondiale, esattamente come l'Italia. I due titoli olimpici del 1924 e del 1928, in effetti, furono organizzati dalla FIFA e il massimo organo calcistico mondiale li ha riconosciuti — a pagina 73 della Storia ufficiale FIFA 1904-1984 — come «mondiali di calcio per dilettanti», anche se ovviamente dilettanti non erano: scesero in campo tra i più grandi protagonisti del calcio sudamericano ed europeo dell'epoca). Gli azzurri devono accontentarsi di lottare per la medaglia di bronzo.

Il ricordo di Adolfo Baloncieri della sfida all'Uruguay

L'Uruguay è una squadra formidabile, completa in tutti i reparti. Alle Olimpiadi di Amsterdam vince tutte le partite fino alla semifinale, alcune di goleada, dimostrando una superiorità tecnica schiacciante. Per questo, nonostante le buone prove degli azzurri, il pronostico pende tutto dalla parte dei cammpioni uscenti, attesi a una nuova dimostrazione di disarmante dominio tecnico. Invece l'Italia gioca alla pari e quella prova verrà a lungo ricordata. Eccone il ricordo di Adolfo Baloncieri, grande protagonista della contesa: «L'Uruguay lo avevamo visto battere l'Olanda e la Germania, ma tuttavia ci era sembrato meno fresco che a Parigi, e batttibile da una squadra intraprendente come la nostra. L'inizio di quella memoranda semifinale diede ragione ai nostri ... piani: all'8. minuto, come conclusione di un'azione partita da Janni, elaborata da Magnozzi e Levratto e smistata da Schiavio, io potevo segnare il primo punto! Subito dopo, rinnovandosi il nostro attacco galvanizzato dal successo, il portiere Mazzali usciva lasciando libero a Magnozzi, che era a pochi metri, il bersaglio della porta. Magnozzi ebbe un attimo di indugio perché volle stoppare la palla, ciò che permise al famoso mediano Andrade, acrobata della palla, di rialzarsi e di retrocedere sulla zona della porta dove Magnozzi poteva tirare. E infatti la palla, arrestata da Andrade anche col braccio, finiva dietro la linea di fondo. Rigore? Macché. Calcio d'angolo appena! Il mancato secondo punto non avrebbe avuto tuttavia decisiva influenza, se poco dopo Combi, in cattiva giornata, non si fosse lasciato sorprendere prima da un lungo tiro della mezz'ala sinistra Cea, e poi, peggio ancora, da un cross sbagliato dell'ala sinistra, Campolo, convertitosi in un tiro tutt'altro che imparabile. Così, venti minuti dopo il primo punto azzurro, l'Uruguay s'era portato a sua volta in vantaggio e questo vantaggio arrotondava al 32. minuto con un punto — stavolta bellissimo — di Scarone. Ma chi pensò a una resa a discrezione dell'Italia, sbagliò i calcoli. Ragionando negli spogliatoi sul primo tempo, noi ritrovammo intera la nostra lucidità e ci dicemmo che anche l'1 a 3 era rimontabile. E infatti, al quarto d'ora, Levratto segnò il secondo punto per l'Italia, sollevando l'entusiasmo della folla neutrale che per la restante mezz'ora c'incoraggiò con un calore latino. Ma era destino che non si dovesse vincere, e solo accontentarsi della vittoria morale — sette calci d'angolo per noi contro tre per gli avversari — consacrata dalla dimostrazione fattaci anche sotto le finestre dell'albergo che ci ospitava». Non solo: il giorno dopo l'inglese The Telegraph, tradizionalmente poco tenero con gli italiani, titolò «Evviva il perdente!». La prova degli azzurri fu maiuscola, grazie anche alla giornata memorabile di Fulvio Bernardini. E restò l'ombra di un altro rigore non concesso quasi allo scadere, quando Canavesi atterrò brutalmente Levratto in area. L'Uruguay colse poi il bis, faticando peraltro parecchio contro la storica rivale Argentina: occorsero due partite per avere ragione dell'albiceleste, tra i quali emersero due futuri juventini, Luis Monti e il funambolico, inafferrabile «Mumo» Orsi.

[~ AMSTERDAM (Olympisch Stadion)~ Domenica 10 giugno 1928 ]

~ ITALIA-EGITTO 11-3 (6-2)

~ITALIA: Combi (Juventus), Bellini (Genoa), Caligaris (Casale), Genovesi (Bologna), Bernardini (Inter), Pitto (Bologna), Baloncieri (Torino) (cap.), Banchero (Alessandria), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno), Levratto (Genoa)

— Commissario unico: A. Rangone.


EGITTO: Hamdi, Abaza, Shemels, El Sauri, Hassani (cap.), Hassan, Mohammed, Ria , Ismail, Hadan, Zubeir.

~ Arbitro: Langenus (Belgio).

[~ Reti: 6' Schiavio, 12' Riad, 14' Baloncieri, Riad, 19' e 39' Banchero, 42' Schiavio, Banchero, 52' Baloncieri, 58' Schiavio, 6' Hassan, 72', 80' e 88' Magnozzi.]


Domenica 10 giugno 1928 è una data storica per il calcio nazionale. L'Italia conquista il suo primo alloro internazionale aggiudicandosi la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam. Avversari i sorprendenti egiziani che hanno eliminato turchi e portoghesi prima di venir esclusi dall'Argentina. In campo vengono schierati ben tre giocatori del Bologna: Pietro Genovesi, storico mediano rossoblù, Alfredo Pitto e Angelo Schiavio — che seminerà il panico tra le file dei malcapitati egiziani --. All'inizio i nordafricani ribattono colpo su colpo agli azzurri. Riad pareggia per due volte le reti di Schiavio (6') e Baloncieri (14'). Ma una volta prese le misure i nostri non danno scampo agli avversari. L'attacco mitraglia, che si era già messo in mostra contro Francia e Spagna, firma la più larga vittoria ufficiale della storia della Nazionale. Un 11-3 trionfale determinato da tre triplette di Schiavio, Banchero e Magnozzi e da una doppietta di Baloncieri. Salendo sul gradino più basso del podio, l'Italia comincia a prendere coscienza della propria forza, dimostrandosi leader a livello europeo (britannici esclusi).

Le Olimpiadi del 1928

Il numero delle nazioni partecipanti al IX torneo olimpico ad Amsterdam nel 1928 fu inferiore a quello di quattro anni prima (diciassette contro ventidue), in larga misura per il sorgere delle prime controversie in materie di dilettantismo e di professionismo. Non per questo la competizione doveva essere meno significativa. Scontata l'assenza dell'Inghilterra, le defezioni, indubbiamente gravi, di Austria, Ungheria e Cecoslovacchia furono in parte compensate dall'iscrizione della Germania e soprattutto da quella dell'Argentina. La presenza di ben tre rappresentative latino-americane (Uruguay, Argentina, Cile) conferì alla manifestazione un carattere internazionale senza precedenti, sottolineato anche dalla presenza del Messico. Si trattò di una vera e propria anticipazione del Campionato del mondo, il cui prossimo svolgimento era stato deciso proprio ad Amsterdam, prima che il torneo olimpico avessse inizio, dal congresso della FIFA: la decisione di tenere un torneo mondiale ogni quattro anni fu presa su proposta di una commissione presieduta da Jules Rimet, creata nel 1926. Gli azzurri si presentano ad Amsterdam con una squadra assai più sperimentata di quella del torneo di Parigi. L'unica assenza di rilievo è quella di Libonatti, lasciato a casa per cautelarsi contro eventuali accuse di professionismo. Nella partita di esordio, il 29 maggio, gli azzurri faticano però molto più del previsto per liquidare la Francia (4-3): sorpresi da due brucianti goal dei transalpini segnati nel giro di quattro minuti, si portano sul pareggio entro la fine del primo tempo e realizzano altre due reti nella ripresa, soffrendo poi il ritorno degli avversari. In ogni caso, gli azzurri connfermano di rappresentare la bestia nera dei francesi. Erano scesi in campo: De Prà (Genoa); Rosetta (Juventus), Caligaris (Casale); Pietroboni (Inter), Bernardini (lnter), Janni (Torino); Rivolta (lnter), Baloncieri (Torino, capitano), Banchero (Alessandria), Rossetti (Torino), Levratto (Genoa). L'avversario dei quarti, tre giorni dopo, è una Spagna resa meno temibile del solito dall'assenza di Zamora. Lo scontro, comunque durissimo, termina in parità con goal del terzino iberico Zaldua e del nostro Baloncieri. Nell'occasione, Combi era subentrato in porta a De Prà (un avvicendamento che doveva rivelarsi definitivo), Pitto aveva sostituito Bernardini nel delicato ruolo di centromediano e Schiavio aveva rilevato l'esordiente Banchero al centro dell'attacco. La partita viene ripetuta dopo tre giorni. Nella squadra azzurra gli avvicendamenti sono ridotti al minimo: rientra Bernardini al centro della mediana (e Pietroboni fa posto a Pitto), mentre a centro campo viene inserito Magnozzi in luogo di Rossetti. Gli spagnoli scelgono invece il criterio di rivoluzionare la loro formazione, ma hanno torto: gli azzurri li travolgono con un sonante 7-1, dopo aver chiuso il primo tempo già sul 4-0. Per la prima volta, la Nazionale italiana giunge in semifinale in un torneo olimpico. Ma questo non era ancora tutto: essa è anche l'unica rappresentativa europea rimasta in lizza. Per capire come ciò fosse avvenuto, occorre esaminare gli altri risultaati delle eliminatorie. Le squadre sudamericane non avevano avuto problemi: l'Argentina, dopo aver passeggiato con i turisti statunitensi (11-2), aveva dato un saggio eloquente della propria forza tecnica battendo largamente (6-3) il Belgio di Raymond Braine, centravanti di valore assoluto (destinato ad una brillante carriera nello Sparta Praga); l'Uruguay, campione in carica, aveva superato i vigorosi olandesi (2-1), per poi eliminare in modo ancora più convincente (4-1) la Germania (nel turno precedente vittoriosa sulla Svizzera), in un duro inconntro che confermò non solo le doti tecniche degli uruguagi, ma anche la loro grinta agonistica, in qualche caso spinta fino al limite della provocazione: la partita si trasformò presto in una specie di rissa, con l'espulsione di due tedeschi e del capitano uruguagio Nasazzi. La quarta squadra a giungere in semifinale fu l'ineffabile Egitto, che si era avvalso di un facile primo turno contro la Turchia, ma era poi riuscito a far fuori il Portogallo. Opposti in semifinale agli argentini, gli egiziani si devono inchinare (0-6). Nell'altra semifinale, gli azzurri trovano l'Uruguay. La circostanza è storica: si tratta del primo confronto ufficiale della Nazionale italiana con una rappresentativa nazionale sudamericana. Il commissario tecnico Rangone mette in campo la stessa squadra che aveva stravinto nel secondo incontro con la Spagna. Gli azzurri si trovano in vantaggio dopo pochi minuti, grazie ad un goal di Baloncieri, ma devono subire una rimonta rabbiosa degli uruguagi, che mettendo in crisi la nostra difesa vanno a rete per tre volte tra il 17' e il 31' del primo tempo, con Cea, Campolo e Scarone. Sfortunatamente, pare che Combi si trovasse in pessima giornata. Pur messa in notevole difficoltà dalla completezza dei sudamericani, abili nel palleggio e aggressivi sull'uomo, nella ripresa l'Italia mostra notevole carattere e forza agonistica. Un goal di Levratto riapre la partita al 60', ma il risultato resta fermo sul 3-2 per l'Uruguay. L'Italia poteva almeno vantarsi di essere la sola compagine contro la quale l'Uruguay non aveva dato la sensazione di dominare. Esclusa dalla finalissima, la Nazionale termina comunque in grande stile il torneo, aggiudicandosi la finale per il 3° posto con una travolgente vittoria ai danni dell'Egitto (11-3). Nella circostanza, sono autori di una triplettta ciascuno Schiavio, Banchero e Magnozzi; gli altri due goal li segna Baloncieri. L'Italia aveva dunque conquistato il posto di prima squadra europea alle spalle delle due grandi sudamericane.La finalissima tra Argentina e Uruguay si consuma in un appassionante duplice scontro. Il primo match termina alla pari (1-1) anche dopo i tempi supplementaari: il goal messo a segno da Petrone viene pareggiato da Ferreira per gli argentini. Tre giorni dopo l'Uruguay, in ragione di una migliore condizione atletica, ha la meglio di stretta misura (2-1). Si ripete in parte il motivo conduttore della partita precedente: ad una segnatura uruguagia, siglata da Figueroa, rispondono gli argentini con un gran tiro da lontano del centromediano Monti, un «duro» che aveva messo in mostra notevoli doti anche in fase di appogggio alla manovra d'attacco. A questo punto, gli argentini paiono prendere il sopravvento ed hanno le occasioni per chiudere l'incontro, ma vengono beffati da un rapido contropiede di Scarone. Come era già successo varie volte nel campionato sudamericano, gli argentini avevano mostrato maggiore fantasia ed una tecnica individuale più elevata in ogni singolo elemento, ma gli uruguagi avevano opposto una migliore disposizione tattica e un'efficace filosofia utilitaristica. Entrambe le squadre impressionarono comunque notevolmente il pubblico olandese per le raffinatissime doti tecniche dei loro giocatori, giudicate superiori a quelle degli europei: in particolare, colpì il virtuosismo degli argentini Orsi e Ferreira e degli uruguagi Andrade e Scarone. Ma dettero un inestimabile contributo agonistico e tecnico alle rispettive squadre anche uomini formidabili come Monti e Nasazzi. La formazione tipo dei campioni era la seguente: Mazzali; Nasazzi, Arispe; Andrade, Piriz, Gestido; Arremond, Scarone, Borjas, Cea, Figueroa. Della squadra vittoriosa quattro anni prima a Parigi restavano ben sei elementi (Mazzali, Nasazzi, Arispe, Andrade, Scarone, Cea). L'Uruguay aveva dunque rivinto il titolo olimpico, riaffermando quella che si può a buon diritto considerare la sua egemonia nel football internazionale degli anni venti, destinata a conoscere una nuova e autorevole conferma due anni dopo, nel primo Campionato del mondo. Ma una vera e propria supremazia del calcio sudamericano era stata nel 1928 delineata dalla prova dell'Argentina, squadra non inferiore a quella campione, come stavano del resto a testimoniare gli esiti della Coppa America, vinta dall'Uruguay nel 1924 e 1926, e dall'Argentina nel 1925 e 1927 (in tre edizioni su quattro non aveva però partecipato il Brasile, che fece la sua ultima apparizione nel 1925). La partecipazione al mondiale annunciato per il 1930, destinato a tenersi in Uruguay dopo il ritiro delle candidature di Ungheria, Italia e Spagna, non si presentava molto allettante per le rappresentative europee.

Un acrobata a Milano

Gli uomini di Rangone raccolgono commenti ammirati dagli osservatori internazionali, sicché una grande attesa circonda il big match del 7 giugno ad Amsterdam tra Uruguay e Italia per l'accesso alla finale. La «Celeste» è quasi la stessa che ha trionfato mandando in estasi Parigi quattro anni prima. Ci sono assi patentati come il mediano destro Andrade, la «maravilla negra» di cui il grande mediano del Bologna Pitto, ammirato, dirà: «A me è rimasto nella memoria il negro Andrade. Per più di un mese non feci che parlare di lui. Era un diavolo, non un uomo. Giocava con i calzoncini imbottiti perché sul campo faceva tuffi da portiere. Infatti, per intercettare un passaggio, si gettava a terra e strisciava con i piedi in avanti e il sedere al suolo per cinque o sei metri. Palleggiava in modo sorprendente. Sarebbe stato capace di attraversare il centro di Milano, nell'ora di punta, passandosi il pallone dal piede sinistro al destro e viceversa, tra le gente che transita e le auto che corrono, senza mai farlo battere al suolo». Gli «oriental» (così chiamati dai dirimpettai argentini perché abitano dalla parte orientale del Rio de la Plata) avevano superato 2-0 l'Olanda e poi 4-1 la Germania prima di trovare gli azzurri in semifinale.

Amsterdam, 7 giugno 1928, Uruguay — Italia 3-2

Giocare meglio, e perdere

Le semifinali del torneo olimpico di Amsterdam vedono opposte la strana coppia Argentina -Egitto e, il giorno dopo, Uruguay-Italia. L'Argentina strapazza i nordafricani con 3 goal (a zero), per tempo, migliore in campo un mediano: Luisito Monti. L'Italia, invece, cede inopinatamente all'Uruguay. Leggiamo la cronaca dell'incontro nel racconto di Gabriel Hanot, inviato ad Amsterdam per «Le Miroir des Sports». I goal italiani sono messi a segno da Baloncieri e Levratto. Giovedì, per la prima volta dall'inizio del torneo, ad Amsterdam pioveva. Ma gli olandesi sono fortunati: nel pomeriggio il vento dell'ovest ha aperto il cielo al sole e alle 19, quando le squadre hanno fatto il loro ingresso in campo, clima e terreno erano ideali; anche il vento si era calmato. L'Uruguay non è stato eliminato dal torneo per una fortunata coincidenza, quali se ne presentano, a volte, nella storia di una squadra di calcio. La sua vittoria per 3-2 sui transalpini è dovuta alla buona sorte tanto quanto la vittoria italiana sulla Francia. L'Italia ha perso una partita che non avrebbe mai dovuto perdere. Si fosse presentata alla finale con lo spirito di quella sera, l'Argentina non avrebbe certo avuto vita facile. Gli azzurri si sono accinti a giocare non solo con un incredibile spirito di corpo, tale da gettarsi in ogni mischia a testa bassa, ma con una vitalità che non si era ancora spenta al momento del fischio finale. Una meravigliosa velocità d'azione, un'ubiquità che metteva spesso nel marasma i sudamericani, un calcio di ampio respiro, una precisione assoluta nei passaggi, un dominio totale nel gioco di testa. Il solo Gestido, tra gli uruguayani, ha potuto competere alla pari nel gioco aereo. Al cospetto di tanta furia i sudamericani erano immediataamente a mal partito frustrati nella loro speranza in un inconntro «blando» dopo due partite durissime sostenute con Olanda e Germania. Visto il pericolo, cercavano invano di riorganizzare le fila di un gioco efficace, di imprimere slancio alla loro andatura. Niente da fare: erano gli italiani ad imporre l'andatura, evidenziando tutti i difetti dei campioni in carica. Difetti riassumibili nella lentezza e nell'assenza di un centravanti in buona condizione di forma. Petrone, convalescente, non ha ancora ritrovato né fiato, né precisione, né potenza. I suoi movimenti sono gli stessi, ma sembrano eseguiti a vuoto, senza il sostegno di una muscolatura. Ciononostante, e con unanime stupore, il mestiere ha fatto aggio su tutto, e il risultato alla fine del primo tempo era addirittura di 3-1, per l'Uruguay. Dopo il riposo, l'Uruguay si è ripreso ed ha saputo reagire alle furiose incursioni avversarie, ma senza imporre un proprio gioco. Rapida e risoluta come la sua linea d'attacco, la difesa italiana ha saputo sbriciolare una dietro l'altra tutte le offensive degli avversari, impedendo con ardore (e a volte con sistemi poco ortodossi) ogni tiro agli attaccanti sudamericani. Un buon secondo tempo, coronato dal secondo goal azzurro. L'Italia ha perso in bellezza, meritando il plauso unanime, giusta ricompensa di uno sforzo prodigioso. Unico merito degli uruguayani, l'aver vinto.

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