Caso Moro, nuova indagine trentacinque anni dopo

La Procura di Roma ci riprova. Trentacinque anni dopo l'agguato di via Fani e il terribile epilogo di via Caetani, dopo cinque processi e altrettante sentenze, i magistrati capitolini sono ripartiti a caccia di nuovi (o antichi) misteri sul caso Moro. A sollecitare l'inchiesta è stato l'ex magistrato Ferdinando Imposimato, che nei giorni scorsi ha portato negli uffici di piazzale Clodio un esposto che contiene alcuni spunti tratti dal suo ultimo saggio sulla vicenda dello statista democristiano sequestrato e ucciso dalle brigate rosse tra il marzo e il maggio del 1978.


Il fascicolo è stato assegnato al pm Luca Palamara, che probabilmente dovrà ricominciare dalla prima sentenza sul caso Moro, che nel 1983 condanno 32 persone tra le quali i presunti capi storici delle bierre, i partecipanti all'agguato di via Fani e gli altri brigatisti che si fecero carico di tenere prigioniero il capo della Democrazia Cristiana negli ultimi 55 giorni della sua vita, prima dell'esecuzione nel garage di via Montalcini. Un contributo alle indagini potrebbe arrivare anche dai documenti che fino a pochi mesi fa erano coperti dal segreto di Stato, e che solo di recente sono stati desecretati. Alcuni di questi, come i verbali segreti tenuti dal Consiglio dei ministri durante i terribili 55 giorni di prigionia di Aldo Moro, sono stati raccolti in un libro da due giornalisti, David Sassoli (oggi europarlamentare) e Francesco Saverio Garofani. Il saggio (Il Potere Fragile, Fandango editore) consente anche di verificare come andarono davvero le trattative con le brigate rosse per la liberazione di Moro e quali furono le posizioni in seno al governo sull'atteggiamento da tenere con i capi brigatisti.

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