Danno e responsabilità delle autorità di vigilanza e regolazione. I modelli statunitense e francese

Abstract

This article analyses, from a comparative perspective, the theoretical-normative models of supervisory and regulatory authorities’ liability for damages in the U.S. and French systems.

It seeks to reveal the broad variety (in types of liability) present in such models, the correlation between liability and the evolution of the role and powers of supervisors and regulators, the impact the evolution of legal systems (in particular in relation to the French system) has both on the theoretical framework and the regime on damage liability for damages and the political-legal tensions concealed behind its evolution.

It is precisely due to the marked diversity in the approach taken by the two countries that it is possible to deduce certain information that is very useful for the wider debate currently taking place on these themes and also to understand the role played by the various stakeholders – legislator and courts in the first instance – in governing the new issues arising in liability cases.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La responsabilità delle autorità di vigilanza e regolazione nell’ordinamento statunitense. – 2.1. Inquadramento dell’istituto. – 2.2. Gli elementi della(e) fattispecie risarcitoria(e). – 2.3. Le eccezioni alla risarcibilità. – 3. La responsabilità delle autorità di regolazione nell’ordinamento francese. – 3.1. Inquadramento dell’istituto. – 3.2. Modelli di responsabilità ed elementi costitutivi. – 3.3. Segue: I tratti specifici della responsabilità delle autorità di vigilanza e regolazione. – 4. Conclusioni.

1. Premessa

Il contributo intende fornire un sintetico inquadramento giuridico della responsabilità per danni delle autorità di vigilanza e regolazione, con specifico riferimento a due ordinamenti stranieri, quello statunitense e quello francese.

A dispetto della marcata diversità di approccio propria di tali ordinamenti, dall’analisi emergono indicazioni utili e fruttuose al dibattito in atto nel contesto europeo e nazionale. In particolare, l’indagine aiuta a superare alcuni cliché – a partire dalla supposta unitarietà della responsabilità dell’amministrazione per danni a terzi – e a riportare in primo piano alcune questioni considerate un po’ démodé – a partire da quella relativa alla opportunità, o meno, di proteggere lo spazio d’azione delle autorità di vigilanza e regolazione operanti in determinati settori attraverso norme di responsabilità per colpa grave.

Ancor più, l’indagine consente di svelare le dinamiche attraverso cui la responsabilità per danni dell’amministrazione è plasmata, adeguata e rinnovata dinanzi alle sfide sempre nuove che i cambiamenti della società e del mercato pongono al diritto.

2. La responsabilità delle autorità di regolazione nell’ordinamento statunitense

2.1. Inquadramento dell’istituto

Nell’ordinamento statunitense il riconoscimento della responsabilità dell’amministrazione – e, quindi, anche delle autorità di regolazione – si fonda sulla rinuncia, da parte dello stato, alla sua immunità. È, dunque, una deroga che conferma, anziché superare, il principio di immunità sovrana: « the United States, as a sovereign entity, is immune from suit unless it consents to be sued».

Questa impostazione ha una serie di ricadute: innanzitutto, (a) la responsabilità per danni delle agencies ha la sua base nella legge; (b) le norme di responsabilità sono di stretta interpretazione; © la responsabilità – e dunque la rinuncia all’immunità – agisce sul piano processuale, non sostanziale ( it’s jurisdictional in nature).

(a) La responsabilità per danni ha la sua base nella legge. Se la responsabilità è una rinuncia all’immunità sovrana, tale rinuncia non può che avvenire per legge. I due atti legislativi di riferimento in materia sono il Tucker Act del 1887 e il Federal Tort Claim Act (FTCA) del 1947. Quest’ultimo è quello di maggiore interesse in questa sede. Il Tucker Act si applica, infatti, ai soli casi di responsabilità negoziale e ad altre vicende relative a rapporti dare/avere di natura non negoziale tra governo e singoli individui; il secondo, invece, ha un ambito di applicazione generale e disciplina appunto le azioni per danni ( tort claims) nei confronti del governo federale e dei suoi funzionari. Il FTCA costituisce dunque la base per qualsivoglia azione nei confronti dell’amministrazione, nelle ipotesi in cui l’attività dell’amministrazione sia assunta come tortious.

La legge non solo fonda il diritto d’azione per il risarcimento dei danni, ma definisce gli elementi della fattispecie di responsabilità ( infra,par. 2.2) e le eccezioni in presenza dei quali il diritto d’azione non è invece riconosciuto ( infra,par. 2.3).

(b) Le norme di responsabilità sono di stretta interpretazione. Se la responsabilità nasce come deroga a un principio, la deroga non può che essere interpretata restrittivamente, laddove, al contrario, le deroghe alla deroga, tutte rigorosamente normative ( statutory exceptions), debbono essere interpretate estensivamente. Questo semplice postulato ha delle particolari ricadute in ordine alla responsabilità per danni delle autorità di regolazione nell’esercizio dei loro poteri di regolazione e vigilanza: tra le eccezioni alla “rinuncia” dell’immunità, nelle quali l’azione per danni non può trovare ingresso nelle corti, si ritrova infatti l’ipotesi in cui i danni siano prodotti nell’esercizio di funzioni discrezionali (c.d. discretionary function exception).

© La rinuncia opera sul piano processuale. Allo stesso modo in cui la rinuncia alla immunità sovrana opera sul piano processuale, legittimando l’azione di danno, ove l’azione di danno sia promossa al di fuori dell’ambito di operatività della rinuncia (e nello spazio di operatività delle eccezioni di cui al punto precedente), l’azione dovrà essere dismessa (a motivo della absence/ lack of subject matter jurisdiction over the action).

2.2. Gli elementi della (e) fattispecie risarcitoria (e)

Il FTCA costituisce il fondamento della responsabilità dell’amministrazione per l’azione dannosa ad essa imputabile. Esso subordina il diritto d’azione per il risarcimento del danno alla sussistenza di determinati elementi della fattispecie di responsabilità.

Il primo requisito riguarda il comportamento causativo del danno: può trattarsi di azione o di omissione ( acts/omissions).

Il secondo elemento è il criterio di imputazione soggettivo: è richiesto almeno il carattere colposo ( negligent or otherwise wrongful) dell’attività (o dell’omissione). Deve dunque escludersi ogni spazio per responsabilità di tipo oggettivo o, almeno sotto il FTCA, per altre forme di responsabilità senza colpa. Il carattere essenzialmente colposo della responsabilità è un elemento di sicura differenza rispetto all’ordinamento francese, ma anche rispetto all’ordinamento italiano, in cui sono riconosciute – in via normativa e/o giurisprudenziale – diverse ipotesi di responsabilità oggettiva e/o senza colpa dell’amministrazione. Peraltro, come chiarito esplicitamente dalla giurisprudenza, la funzione del FTCA non è quella di “sanzionare” l’amministrazione per la violazione di obblighi nascenti da leggi federali.

Il terzo elemento riguarda l’agente: l’azione o l’omissione colpose causative di danno possono essere poste in essere dal Governo o dai suoi agenti ( US Government or its employees): dunque, nell’ipotesi in cui sia riconosciuta la responsabilità per danni del Governo non vi sarà spazio per una responsabilità di tipo individuale, di cui quella del Governo è un sostituto.

Vi è però un altro elemento – o condizione – richiesto dalla fattispecie: l’amministrazione è responsabile nella misura in cui lo sarebbe, in circostanze analoghe ( under like circumstances), un altro soggetto, avuto riguardo alla legge del luogo in cui il danno si è verificato ( in accordance with the laws of the place where the act or omission occurred).

Questa condizione viene sinteticamente descritta come necessità di un c.d. private analogue. Prima di affrontare i profili critici – in particolare circa la possibilità di individuare il private analogue in ipotesi in cui l’azione/omissione si riferisca a funzioni tipicamente amministrative, quali quelle svolte dalle autorità di regolazione – è opportuno soffermarsi sulle implicazioni teorico/giuridiche del private analogue.

La giurisprudenza ha interpretato la norma come invito del legislatore a costruire la responsabilità dell’amministrazione attingendo a tutte le possibili ipotesi di responsabilità per danni previste dalla common law ( common law torts), in particolare a quelle riconosciute dalla legge dei singoli stati. Il FTCA assegna così rilevanza – in ordine alla individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità – a un secondo livello normativo, non più federale ma statale (che potrà, come si vedrà a breve, anche coinvolgere il diritto di più stati).

Questo rinvio alla varietà di fattispecie di responsabilità previste dall’ordinamento civile è di sicuro interesse in ottica comparata, con particolare riferimento all’ordinamento italiano: innanzitutto, esso dimostra i limiti dei tentativi – dottrinali e giurisprudenziali – volti a costringere la responsabilità dell’amministrazione entro un’unica fattispecie teorica di responsabilità, negandone la varietà di modelli e, conseguentemente, di fattispecie normative ed elementi costitutivi. Dimostra, però, anche, la possibilità, salva l’esistenza di speciali fattispecie legislative, di modulare i modelli e i regimi della resposanbilità per danni dell’amministrazione, attingendo all’ampio spettro di modelli e regimi offerti dal diritto civile (oltre, cioè, il modello della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c.).

Veniamo ora alle criticità legate all’individuazione del private analogue in relazione alla funzioni amministrative classificate, o classificabili, come tipicamente pubbliche ( uniquely governmental functions). Per tali funzioni – che non hanno un immediato corrispondente nell’universo privatistico – sembrerebbe in radice esclusa l’applicabilità del FTCA e, dunque, ogni possibilità di azione risarcitoria. Tale esclusione si realizza, in realtà, solo nella misura in cui per esse non si riesca a individuare, nel caso specifico, un private analogue e non, invece, perché astrattamente riconducibili alla categoria delle uniquely governmental functions.

Ovviamente, è proprio la tesi della astratta riconducibilità alla categoria delle uniquely governmental functions ad essere utilizzata dallo stato per sottrarsi alla responsabilità per danni. L’argomento è costruito nel modo seguente: nella misura in cui una funzione è una uniquely governmental function, dunque propria solo dell’amministrazione, per essa non può sussistere un private analogue e, dunque, lo stato non può essere chiamato a rispondere. Dalla categoria astratta, insomma, la difesa inferisce usualmente l’inammissibilità dell’azione. La Corte suprema, tuttavia, è di contrario avviso.

Innanzitutto, va dato atto che le corti, procedendo con un approccio casistico e rifiutando astratte categorizzazioni delle funzioni dell’amministrazione, hanno via via eroso la categoria delle uniquely governmental functions, ampliando, così, lo spazio per l’azione di danno. Ne è prova il fatto che la Corte suprema ha regolarmente respinto, con poche eccezioni, la c.d. regulatory function exception sollevata dal Governo. In tal senso la Corte si è espressa, ad esempio, nel caso Berkovitz, relativo a una richiesta di risarcimento del danno per una malattia contratta per negligente autorizzazione all’immissione in commercio di un vaccino antipolio.

Di questa giurisprudenza interessano, però, non solo le ricadute in termini risarcitori, ma anche le argomentazioni logico-giuridiche utilizzate dalle Corti per individuare il private analogue rispetto alle funzioni amministrative e, in particolare, di vigilanza e/o regolazione proprie delle agenzie. Le Corti ricorrono innanzitutto alla c.d. good samaritan doctrine, ai sensi della quale chi, mettendo in guardia circa l’esistenza di un determinato rischio, determini un affidamento nel pubblico è tenuto a comportarsi in modo diligente, attento ( careful).

Va da sé che questo private analogue ricavato dalla common law dei torts deve essere valutato con riferimento alla legge dello stato dove l’azione o l’omissione sono state commesse, e che, dunque, come dimostrano recenti casi, non sempre la good samaritan doctrine può rivelarsi risolutiva sul piano processuale. Potrà così essere richiesta, ad esempio, a seconda del diritto applicabile: o una speciale relazione tra l’amministrazione ( good samaritan) e il danneggiato; ovvero, la previsione normativa di un dovere di intervento in capo all’amministrazione.

Questo secondo passaggio è di particolare interesse perché, ove l’esistenza di tale dovere sia per legge richiesto, l’eventuale natura discrezionale della funzione azionerebbe una delle eccezioni tipiche previste dal FTCA ostative all’azione di risarcimento. Tali eccezioni verranno esaminate nel paragrafo successivo.

2.3. Le eccezioni alla risarcibilità

Il FTCA prevede una serie di eccezioni alla rinuncia all’immunità sovrana. Queste eccezioni devono essere esaminate alla luce dell’inquadramento che si è sinteticamente ricostruito nel par. 2.1.

Innanzitutto, nella misura in cui tali eccezioni costituiscono una conferma della regola dell’immunità sovrana, esse devono essere interpretate estensivamente, secondo l’adagio per cui “ That which the Sovereign gives, it may also take away, and the Government has done so through statutory exceptions in 28 USC § 2680”.

Inoltre, in linea con la rilevanza processuale e non sostanziale di tali eccezioni, in presenza di una di esse, la corte non potrà che dismettere il caso per mancanza di giurisdizione ( absence/lack of subject-matter jurisdiction over the action).

Il FTCA prevede una lista piuttosto nutrita di eccezioni. Tra queste, ci si concentrerà sulla (a) discretionary-function exception e, per cenni, sulla (b) misrepresentation exception, in quanto centrali nella giurisprudenza sulla tort liability delle autorità di regolazione.

Quanto all’eccezione sub a), essa trova ovviamente il suo fondamento nella legge. In particolare, il FTCA stabilisce che l’azione di responsabilità non è data nelle ipotesi in cui la funzione, o l’attività svolta dall’amministrazione, abbia carattere discrezionale (“ the exercise or performance or the failure to exercise or to perform a discretionary function or duty”). Tale eccezione è significativa perché esprime in modo chiaro la volontà (politico-legislativa) di proteggere certe funzioni pubbliche dall’esposizione a richieste risarcitorie da parte di potenziali danneggiati. Si pone, però, in linea con l’idea – affermata sin dal caso Marbury v. Madison, nel quale si sono tracciati i contorni della judicial review – che vi sia un’area, quella delle funzioni discrezionali, in cui il potere giudiziario non può entrare.

Il percorso giurisprudenziale che ha portato alla definizione di cosa s’intende per funzione discrezionale è piuttosto articolato e discontinuo. Emblematico è però, ancora oggi, il caso Berkovitz, già richiamato, nel quale si è affermato che la discrezionalità c’è ogniqualvolta l’amministrazione ha un margine di scelta ( has a choice) e di valutazione di opportunità ( action involves exercice of political judgment). La base per questo test è ovviamente il dato normativo, ma le Corti hanno dimostrato di fare ricorso, per questa indagine, a un ampio spettro di fonti, e addirittura alle c.d. non legislative rules (ad esempio, agli statements of policy). Perché la discretionary function exception possa scattare è richiesta, però, non solo l’individuazione dell’esistenza di un margine di scelta o di apprezzamento ( first step), ma anche un’indagine circa l’appartenenza di questo margine di scelta/apprezzamento alla nozione di discrezionalità cui il legislatore ha fatto specifico riferimento con la previsione della discrezionary function exception ( second step). Questa interpretazione speptta al giudice (“ the second part of the test requires the court to “determine whether that judgment is of the kind that the discretionary function exception was designed to shield”).

Sulla base di questo test in due fasi la giurisprudenza ha potuto progressivamente individuare un’area di risarcibilità anche nell’ambito delle funzioni amministrative, erodendo lo spazio delle funzioni discrezionali.

La domanda è, allora, quella di capire in quali limiti sia possibile opporre la discretionary function exception dinanzi all’attività delle autorità indipendenti, specialmente quando queste agiscono nell’esercizio dell’attività di vigilanza o in quella di regolazione.

Invero, i giudici si sono mostrati alquanto “scettici” nel riconoscere la responsabilità in casi di danni prodotti nell’esercizio dell’attività di vigilanza e/o di regolazione. Non si tratta, però, di una esclusione che opera in blocco, ma che procede secondo l’approccio casistico che si è richiamato al par. 2.2 ( cherry picking approach). Nel complesso, per le ragioni richiamate in precedenza, le corti mostrano grande cautela in queste “aperture”: ovunque vi sia choice o policy judgement l’eccezione è destinata a trovare applicazione, con l’esclusione dunque della risarcibilità del danno.

Un caso rappresentativo è United States v. S.A. Empresa De Viacao Aerea Rio Grandense (Varig Airlines), 467 797 (1984)), in cui era questione di un danno prodotto da supposta negligente certificazione di un aeroplano. La funzione di certificazione (circa il rispetto di standardpolicy statements – fissati dall’autorità di regolazione) è stata dalla Corte ricondotta nell’ambito della discretionary function exception.

Nel citato caso Berkovitz, invece, la Corte non ha ritenuto operante la discretionary function exception perché il ricorrente aveva sostenuto che la condotta dell’amministrazione era vincolata dalla legge e che l’amministrazione aveva, appunto, negligentemente immesso sul mercato un vaccino senza richiedere dati che la legge imponeva di richiedere ( mandatory statutory provisions) e in violazione dell’obbligo di testare i vaccini. Insomma non si trattava di danni derivanti o connessi a una regulatory oversight (che rimane discrezionale), ma di attività amministrativa vincolata dannosa, condotta in violazione di legge.

Il carattere discrezionale della regulatory oversight è stato affermato in Gaubert v. United States. Questo caso riguardava la cattiva gestione – da parte di personale di banca operante per conto del Governo e da questo selezionato – di savings e loans. La vicenda è interessante perché riguarda Programmi federali di garanzia dei depositi per i quali le istituzioni coinvolte (anche private) erano richieste di rispettare determinati standard di matrice regolatoria. Proprio nell’ambito di questi programmi si sono verificate situazioni di insolvenza che hanno creato enormi danni finanziari. Ebbene, la corte ha ritenuto che i regulators godessero di choice e political judgement nel decidere come limitare le perdite dello stato in contesto di insolvenza, e che dunque l’eccezione trovasse applicazione.

Con riguardo all’attività di investigativa e di vigilanza da parte delle autorità indipendenti, alcune interessanti considerazioni emergono da un caso recente, Zelaya and Glantz v. United states of America (XI District Court n. 13-14780), sul quale ci si soffermerà più diffusamente.

La vicenda vede coinvolta l’attività di regolazione/vigilanza della Securities and Exchange Commission (SEC), quale agenzia indipendente istituita al fine di regolare il mercato finanziario e proteggere gli investitori, in attuazione del Security and Exchange Act del 1934 (15 U.S.C. § 78d) e di altri interventi normativi succedutisi nel tempo. I ricorrenti sono tra le vittime di uno dei più grandi Ponzi scheme nella storia americana, quello Allen Stanford.

In estrema sintesi, i ricorrenti ritengono che, sulla base del fine istituzionale della SEC (quello di protezione degli investitori), la SEC abbia il dovere di prevenire e accertare i c.d. Ponzi scheme.

Al fine di evitare la scure della discretionary function exception, i ricorrenti fondano l’azione risarcitoria sulla violazione, da parte della SEC, di precisi doveri e obblighi normativi, che, se osservati, avrebbero appunto evitato o ridotto il danno: più specificamente il dovere di revocare la registrazione dell’operatore finanziario e di segnalare a determinati organismi di protezione degli investitori le operazioni rischiose da questo stesso poste in essere e scoperte nell’ambito della propria attività.

La Corte, ritenuto che le funzioni svolte dalla SEC siano proprio del tipo di quelle che la discretionary function exception intende proteggere ( second step), procede alla verifica dell’esistenza del margine di scelta/apprezzamento ( first step). Il test sottrae alla discretionary function exception la violazione dei doveri di comunicazione, mentre vi riconduce la violazione del supposto obbligo di revoca della registrazione del Gruppo Stanford. La revoca, infatti, non è atto dovuto, ma decisione per la quale la SEC mantiene un margine di scelta/apprezzamento.

Nonostante questa apertura, parziale, il caso verrà dismesso per l’accoglimento di una seconda eccezione, a questo punto invocata dal Governo a difesa dell’operato della SEC, ossia quella della c.d. misrepresentation exception.

La misrepresentation costituisce, nell’essenza, una violazione del dovere di diligenza nell’ottenere e comunicare informazioni sulle quali altri fanno affidamento per orientare il proprio comportamento e le proprie decisioni. È dunque centrale sul piano della responsabilità delle autorità di regolazione. Ebbene, l’eccezione prevista dal FTCA copre le violazioni di questo dovere ove siano in gioco decisioni relative alla gestione patrimoniale dei danneggiati ( economic affairs). Le scelte di investimento costituiscono senz’altro economic affairs, per le quali l’affidamento nelle informazioni acquisite e trasmesse dall’autorità (anche non acquisite e non trasmesse) non è protetto dal FCTA. L’accoglimento dell’eccezione comporta, come si è già detto, l’inammissibilità delle richieste risarcitorie fondate su casi di misrepresentation da parte delle autorità di regolazione e la riaffermazione della immunità sovrana.

3. La responsabilità delle autorità di regolazione nell’ordinamento francese

3.1. Inquadramento dell’istituto

Un tratto che distingue l’ordinamento francese da quello statunitense è senz’altro la centralità del ruolo giocato dal giudice nel riconoscere, ed evolvere nel tempo, la responsabilità civile della pubblica amministrazione e i suoi elementi costitutivi. Nell’ordinamento francese, infatti, l’impronta della responsabilità dell’amministrazione è stata innanzitutto definita dalla giurisprudenza amministrativa e poi avallata dal giudice costituzionale.

Il riconoscimento di un principio di responsabilità dello stato (sia per faute de service sia per faute du service) e dei suoi agenti – peraltro ritenuto il grande assente dai testi costituzionali e legislativi dell’età della Rivoluzione – incide ovviamente sul fondamento stesso della responsabilità e consente che essa si sviluppi in una prospettiva opposta a quella della rinuncia all’immunità sovrana, propria dell’ordinamento statunitense. Proprio tale diverso fondamento consente anche di spiegare, almeno in parte, il diverso rapporto tra legge e corti nei due ordinamenti e comprendere il perché del maggior spazio di manovra mantenuto dal giudice amministrativo francese, pur dinanzi al crescente intervento del legislatore in questo campo.

Lo sviluppo dell’istituto della responsabilità amministrativa in Francia è però tutt’altro che lineare ed è caratterizzato da una molteplicità di modelli e regimi.

Al riguardo occorre innanzitutto tenere in considerazione la grande frattura tra la responsabilità pour faute e la responsabilità sans faute, originatasi a partire dal diverso fondamento dei due modelli di responsabilità. La responsabilità sans faute è ritenuta infatti diretta espressione del principio costituzionale – questo sì esplicitato in Costituzione – dell’ égalité devant les charges publiques e pertanto ontologicamente distinta dalla responsabilità pour faute ( de service o du service).

Se recentemente la bontà di tale dicotomia è stata messa in discussione, a favore del riconoscimento di un unico fondamento della responsabilità civile dell’amministrazione, ciò è potuto avvenire anche grazie all’evoluzione della responsabilità pour faute e, più precisamente, all’evoluzione del concetto di colpa. Lo dimostra il fatto che la responsabilità dello stato per violazione del diritto europeo, inizialmente inquadrata in termini di responsabilità sans faute, è ritenuta pienamente compatibile anche con il modello della responsabilità per colpa, se assunta, appunto, in una moderna versione oggettiva.

Un secondo elemento decisivo nell’evoluzione dei modelli di responsabilità nell’ordinamento francese è la frammentazione di regimi creatasi, entro l’area della responsabilità pour faute, attraverso l’opera delle Corti (sia amministrative sia civili) e dello stesso legislatore.

Da un lato, il giudice, nel definire quello che viene definito il diritto comune della responsabilità amministrativa, ha via via determinato modelli differenziati, anche attingendo al diritto civile e aperto a nuove forme di responsabilità senza colpa secondo un principio di socializzazione del rischio; dall’altro, il legislatore ha creato una molteplicità di regimi speciali della responsabilità civile, finalizzati a limitare l’area della responsabilità per come definita dal c.d. diritto comune della responsabilità – di origine giurisprudenziale – e, con essa, lo spazio d’azione delle corti.

L’apertura del sistema delle fonti a principi e norme di derivazione internazionale e sovranazionale si è rivelata, nell’ordinamento francese e non solo, decisiva nell’attivare nuovi percorsi dei modelli di responsabilità e del loro diritto: di ciò sono prova sia l’inquadramento della responsabilità dello Stato per violazione del diritto europeo in termini di responsabilità senza colpa, sia l’apertura, in virtù del diritto internazionale e della giurisprudenza CEDU, a forme di responsabilità di diritto comune, anche in presenza di precise preclusioni legislative.

Può così affermarsi che, pur senza contraddire la centralità del ruolo del giudice amministrativo, il fondamento e l’evoluzione dei modelli di responsabilità nell’ordinamento francese è stata giocata – e si gioca – su più fronti: nella dialettica tra giudice amministrativo e ordinario, tra giudice amministrativo e legislatore, tra corti e diritto internazionale e sovranazionale e corti e diritto interno.

3.2. Modelli di responsabilità ed elementi costitutivi

Lo scenario dei modelli di responsabilità civile dell’amministrazione nell’ordinamento francese si presenta, dunque, nel suo complesso, alquanto variegato e riflette il processo di adattamento della responsabilità ai mutamenti costituzionali, del sistema delle fonti e della società.

La varietà di modelli e regimi rende la ricostruzione degli elementi costitutivi della responsabilità dell’amministrazione in cui sia in gioco la puissance publique un’operazione non semplice.

Al fine di tracciare le coordinate del regime (dei regimi) di responsabilità, un punto fermo è dato dal riconoscimento, a partire dall’arrêt Blanco, della specialità delle regole della responsabilità amministrativa. Questo postulato, nella misura in cui nega l’applicazione del diritto civile della responsabilità alla responsabilità dell’amministrazione, ha determinato infatti l’esigenza di creare ex novo un diritto della responsabilità dell’amministrazione. Ne derivano: sia il c.d. diritto comune della responsabilità amministrativa (un diritto, come si anticipava, di matrice giurisprudenziale che attinge anche al diritto civile e ai principi elaborati dalla giurisprudenza civile); sia, un diritto speciale della responsabilità amministrativa di matrice legislativa (o, meglio, più regimi speciali).

L’esistenza di norme di responsabilità di matrice legislativa dovrebbe facilitare la definizione degli elementi della fattispecie di responsabilità. Se ciò è vero in linea teorica, in via pratica tale facilitazione non si realizza o, almeno, non sempre. Due le ragioni: da un lato è il legislatore a fare talvolta affidamento sul c.d. diritto comune della responsabilità, ad esso rinviando; dall’altro, è il giudice amministrativo che, dinanzi all’esistenza di norme di specifiche fattispecie di responsabilità, ne completa gli elementi, ovvero (come nell’ipotesi delle servitù amministrative), apre a una responsabilità di diritto comune.

Nel diritto comune della responsabilità un elemento centrale è la colpa, la quale, seppure inizialmente ripudiata, è divenuta un tratto ontologico della responsabilità amministrativa. Essa si è però nel tempo trasformata assumendo ruoli e significati via via diversi.

Questo percorso di adattamento è stato in larga parte guidato dal giudice amministrativo. Ad esso si devono due innovazioni centrali: l’evoluzione del tipo di colpa, nonché del livello di colpa richiesto (colpa, colpa grave – foute lourde –, colpa di particolare gravità – foute de particulière gravité).

Ben prima che l’ordinamento europeo dei diritti umani e quello sovranazionale promuovessero una nozione di colpa di tipo normativo, il giudice amministrativo francese aveva già guidato l’evoluzione della colpa, abbandonando la nozione antropomorfa propria della c.d. théorie de la faute du service public a vantaggio, appunto, di una nozione oggettiva connessa alla violazione di un’obbligazione amministrativa o di un diritto degli amministrati.

Quanto al secondo profilo, quello del livello di colpa richiesto, il ruolo del giudice amministrativo si è rivelato centrale nel decretare il parziale declino, nell’ambito della responsabilità amministrativa di diritto comune, della c.d. foute lourde, ammettendo, in parallelo, presunzioni di colpa in determinati settori.

L’imporsi di una nozione di colpa in cui l’antigiuridicità finisce per fondersi con l’elemento soggettivo si rivela peraltro centrale anche per rileggere il rapporto con la responsabilità sans faute, consentendo, a livello teorico, il passaggio sotto l’area della responsabilità per colpa anche di fattispecie – come quella della responsabilità dello stato per violazione del diritto europeo – dapprima ad essa estranee.

Sotto il cappello della responsabilità sans faute rimangono invece oggi sia le ipotesi di responsabilità dell’amministrazione per danni abnormi e speciali e, in particolare, le ipotesi di responsabilità da fatto lecito (del legislatore come dell’amministrazione). Lungi dal rappresentare una mera operazione di facciata, la qualificazione in termini di responsabilità pour faute o sans faute ha delle ricadute processuali significative che vanno al di là della prova della colpa: la responsabilità sans faute è considerata strumento di ordine pubblico che fonda un diverso titolo d’azione risarcitoria, non coincidente con quello per responsabilità pour faute.

La centralità della colpa e la necessità della sua “modulazione” è un elemento di comunanza con l’ordinamento statunitense. Allo stesso modo, sembra vero che in entrambi gli ordinamenti essa si è dimostrata uno straordinario strumento di politica del diritto, nelle mani del legislatore in un caso, del giudice nel secondo. Diversa, però, la prospettiva teorico-giuridica attraverso cui i due ordinamenti guardano alla responsabilità e, dunque, alla colpa: in un caso essa ha il significato di veicolare ipotesi di rinuncia all’immunità sovrana, nel secondo caso, invece, essa vale come dato di coerenza dell’amministrazione con il quadro costituzionale e, in esso, con il rinnovato sistema delle fonti. Da questo punto di vista, come sottolineato in dottrina, nel diritto comune della responsabilità la colpa è stata utilizzata dal giudice amministrativo in una prospettiva analoga a quella imposta dal principio di precauzione, promuovendo un’etica della prudenza e, più specificamente, ad un concetto di colpa rinnovata e più estesa, adeguata alle esigenze della società del rischio.

3.3. Segue: i tratti specifici della responsabilità delle autorità di vigilanza e regolazione

La responsabilità delle autorità amministrative nell’ordinamento francese s’inscrive perfettamente nel percorso evolutivo della responsabilità dell’amministrazione, così come sintetizzato nel paragrafo precedente. Essa è dunque una responsabilità di matrice essenzialmente giurisprudenziale, retta principalmente dal diritto comune della responsabilità.

Una prima questione, preliminare alla analisi del regime della responsabilità, riguarda la possibilità di riconoscere le autorità di regolazione quali soggetti autonomi sul piano risarcitorio. Il progressivo riconoscimento della personalità giuridica autonoma alle autorità di regolazione, specie se riconducibili alla nozione di autorità indipendenti, marginalizza la posizione risarcitoria dello Stato. Infatti, come affermato dal giudice amministrativo, ove sia in gioco l’azione delle autorità indipendenti la responsabilità dello stato può essere invocata solo in via sussidiaria. Diversamente, invece, ove le autorità di vigilanza o regolazione agiscano in nome e per conto dello Stato (è il caso, ad esempio, dell’ Agence française de sécurité sanitaire des produits de santé), rimarrà ferma la responsabilità esclusiva dello Stato.

Quanto al modello di responsabilità, va detto che la responsabilità delle autorità di regolazione si colloca massimamente, salvo quanto si dirà sulla responsabilità sans faute, nell’area della responsabilità per colpa.

In linea con la progressiva attenuazione del grado di colpa richiesto a fini risarcitori, il giudice amministrativo ha abbandonato la foute de particulière gravité, mantenendo, solo per le autorità di regolazione operanti nei settori economico-finanziari, la necessità della prova della foute lourde. Sul punto, occorre fare riferimento a due pronunce del Conseil d’État, ancora centrali: la prima resa con riferimento alla Commission des operations de bourses, la seconda con riguardo alla Commission bancaire.

Va dato atto che i tentativi volti ad inquadrare la responsabilità delle autorità di regolazione economica (in particolare quelle operanti nel settore bancario e finanziario) in termini di responsabilità senza colpa, ovvero di responsabilità per colpa in senso oggettivo non hanno invece trovato seguito. Tali tentativi muovono dal presupposto che nel nuovo meccanismo di vigilanza prudenziale dei mercati bancari e finanziari l’attività di regolazione e vigilanza delle autorità di regolazione nazionali sembra assumere una dimensione di doverosità, in ragione, appunto, degli obblighi imposti dal diritto UE. L’esistenza di un duty to supervise derivante appunto dal diritto eurounitario, è stato però espressamente escluso.

Alcuni recenti casi decisi dal Conseil d’État, riguardanti ipotesi di danni da mancato esercizio dei poteri di vigilanza (in particolare, danni alla salute da omesso ritiro di medicinale legittimamente immesso sul mercato di cui erano segnalati gli effetti negativi), consentono di riflettere su ulteriori profili della responsabilità delle autorità di vigilanza e regolazione.

In tali occasioni, tutte riferite al noto scandalo relativo al farmaco “ Mediator”, il giudice amministrativo ha innanzitutto affermato il principio per cui, a partire dalla conoscenza della sussistenza di un rischio per la salute connessa di un farmaco in commercio, il mancato esercizio dei poteri di controllo attribuiti all’agenzia francese del farmaco apre alla responsabilità per colpa dello stato. Come è evidente, il giudice amministrativo non ritiene necessaria la colpa grave, applicando invece una nozione di colpa strettamente normativa. La diversità con il caso Carlos Zelaya v. United States (vedi, retro, § 2.3) risiedono evidentemente nel carattere vincolato impresso all’azione amministrativa dal diritto europeo in questo settore e dall’assenza di eccezioni di responsabilità introdotte per via legislativa (che, se poste, sarebbero in ogni caso fonte di autonoma responsabilità perché contrastanti con obbligazioni derivanti appunto dal diritto comunitario).

In queste stesse pronunce il giudice amministrativo francese ha inoltre affermato che, ove il danno sia prodotto per il concorso di responsabilità di altri soggetti privati soggetti al controllo della stessa agenzia (nel caso di specie, laboratori di analisi), la responsabilità non può essere interamente invocata contro lo Stato, né il privato vi partecipa in corresponsabilità.

Questa specificazione testimonia la presa d’atto dell’impatto, sul sistema della responsabilità pubblica, dei nuovi sistemi di vigilanza complessi (tale è senz’altro la farmacovigilanza di cui al reg. n. 726/2006 e alla dir. 2001/83/CE): l’istanza risarcitoria deve infatti misurarsi con una dimensione multipolare, in cui, oltre al danneggiato e accanto alle autorità di vigilanza e regolazione, si pongono appunto soggetti privati. Nel contesto italiano questo profilo è stato, ad esempio, specificamente affrontato con riferimento alla responsabilità oggettiva in materia di appalti (dunque, al di fuori della sfera d’azione delle autorità di vigilanza e regolazione), allorquando l’aggiudicazione illegittima avvenga con il concorso di false dichiarazioni da parte del soggetto privato, portando, però, al riconoscimento della corresponsabilità del privato nella responsabilità dell’amministrazione.

A ulteriore riprova della dinamicità dell’istituto della responsabilità, tenuta ad adattarsi ai continui mutamenti dei poteri delle autorità di vigilanza e regolazione, possono essere portate anche quelle sentenze in cui il giudice amministrativo apre le porte del sindacato al c.d. droit mou. Sebbene il danno da soft law delle autorità di regolazione non abbia ancora avuto un espresso riconoscimento nelle sedi giudiziali, il giudice francese ha tuttavia avuto occasione di pronunciarsi sulla ammissibilità in via teorica di una simile eventualità, riconducendola nell’ambito della responsabilità per colpa e rigettando esplicitamente una richiesta fatta a titolo di responsabilità senza colpa. Proprio l’invocazione del risarcimento a titolo di responsabilità senza colpa dimostra, peraltro, la piena consapevolezza dei ricorrenti della difficoltà di superare i molti ostacoli che si frappongono al riconoscimento della responsabilità per colpa, a partire dal riconoscimento dell’illegittimità dell’atto di soft law.

Il giudice amministrativo francese ha però ammesso che in alcune ipotesi la responsabilità senza colpa possa trovare applicazione anche con riguardo alle autorità di regolazione. Si tratta, in particolare, di situazioni in cui il danno assume il carattere di anormalità e specialità, tale eccedere la normale tollerabilità. Ove il danno abbia tali caratteristiche, infatti, una limitazione della responsabilità attraverso la previsione della colpa grave dell’amministrazione costituirebbe una palese violazione del principio costituzionale dell’ egualité devant les charges publiques.

Sulla base di queste considerazioni è stato dunque possibile affermare la responsabilità dell’autorità indipendente istituita per la vigilanza del settore radiotelevisivo (Conseil supérieur de l’audiovisuel) per i danni (da interruzione attività economica) causati da specifiche tecniche emanate successivamente al rilascio della licenza d’uso delle frequenze in capo al soggetto danneggiato.

4. Conclusioni

Al termine di queste considerazioni, pur nel limitato orizzonte d’indagine e nella brevità dello scritto, possono essere tratte alcune conclusioni.

Innanzitutto, emerge con chiarezza il multiforme volto della responsabilità dell’amministrazione: così nell’ordinamento statunitense (attraverso il rinvio al c.d. private analogue), come nell’ordinamento francese (attraverso l’evoluzione del diritto comune della responsabilità amministrativa e del diritto speciale di fonte legislativa, ovvero attraverso l’estensione della responsabilità sans faute).

Nell’ordinamento francese, al pari di altri ordinamenti europei, l’impatto del diritto europeo dei diritti umani e del diritto sovranazionale ha senz’altro imposto la rilettura di alcuni paradigmi in tema di responsabilità, a partire dalla tenuta della distinzione tra responsabilità pour faute e sans faute. Non può però dirsi, pure a fronte della progressiva estensione dell’area della responsabilità senza colpa, dell’affermarsi di modelli in cui la colpa è assunta in una accezione puramente normativa, dell’ingresso di fattispecie di responsabilità oggettiva derivanti dal diritto europeo (ad es. in materia di appalti), che si stia progredendo verso una unificazione teorica e normativa della responsabilità dell’amministrazione. Ne è una prova proprio il variegato inquadramento della responsabilità per danni delle autorità di vigilanza e regolazione nell’ordinamento francese: in esso permangono ipotesi di responsabilità per colpa grave (autorità di regolazione nei settori economico-finanziario), emergono nuove situazioni ibride in cui accanto alla responsabilità per colpa (non grave) dell’amministrazione si pone quella, diversa, di soggetti privati da essa stessa controllati, si aprono spazi di responsabilità senza colpa sia in relazione alle ipotesi di violazione del diritto europeo sia per danni da atto lecito dell’amministrazione.

Vi è però di più: non è da escludersi che la spinta verso nuove ipotesi di responsabilità per colpa grave – secondo un approccio settoriale – potrà venire proprio dal diritto europeo al fine di proteggere dalle azioni di danno, al pari di quanto mostrano di fare gli Stati membri, le nuove autorità europee di vigilanza e regolazione (esigenza che certamente definisce l’anima del modello statunitense di responsabilità dell’amministrazione).

Questa varietà è certamente il frutto di tensioni e anche dinamiche di politica del diritto (ne sia prova l’uso della colpa come valvola di apertura e chiusura della responsabilità). Va anche però apprezzato il fatto che tale varietà non è altro che il riflesso della pluralità di funzioni, compiti e ruoli assegnati alle diverse autorità di vigilanza e/o regolazione e, invero, anche alla medesima autorità. Ciò vale a maggior ragione se si tiene in considerazione l’attuale tensione verso modelli (di autorità) ibridi, che sfuggono alle tradizionali classificazioni.

Assieme con l’evoluzione dei compiti e delle funzioni assegnate, si arricchisce anche il quadro degli strumenti messi a disposizione delle autorità: come ben dimostra l’esperienza statunitense e francese in tema di conseguenze dannose derivanti da strumenti di c.d. soft law (ovvero di cc.dd. pre law, para law e post law), l’area della responsabilità non può rimanere indifferente.

Questi processi di declinazione teorico/normativa dei modelli di responsabilità rischia ovviamente di andare al di là di una diversificazione opportuna e/o necessaria, dando luogo a un eccesso di frammentazione (con connessi problemi di tenuta sul piano costituzionale, in particolare sotto il profilo del principio di eguaglianza).

Un tale rischio può essere adeguatamente controllato attraverso scelte di politica (ma si potrebbe dire, di “governo”) del diritto della responsabilità. Come dimostra l’esperienza francese – ma lo stesso vale per l’esperienza italiana – l’intervento legislativo sembra però essere scarsamente capace (salvo non si tratti di consapevole omissione), rispetto a quanto accade nell’ordinamento statunitense, di contenere il ruolo del giudice sul piano della politica del diritto della responsabilità. Le ragioni di ciò sono molteplici e non possono essere qui indagate, ma certo questa conclusione può apparire paradossale se riferita, come è, a ordinamenti di civil law. Lo è meno, però, se solo si pone mente al significato e al valore costituzionale – nell’ordinamento statunitense come in quello britannico – della supremacy of Congress/Parliament e alle conseguenze che da questo postulato derivano in termini di deference delle corti. L’approfondimento di questo tema porterebbe tuttavia troppo lontano, certamente fuori dagli stretti confini di questa indagine.

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